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Rovereto, 1 febbraio 2012
I 90 anni «contro» di Canestrini 
«Dovunque ci fosse da difendere i diritti civili e i diritti umani conculcati,
lì Sandro Canestrini c’è sempre stato.»

di Marco Boato,
dal Trentino di mercoledì 1 febbraio 2012
pubblicato anche sul n. 433-434, gen-feb, di UCT

Sandro Canestrini compie 90 anni venerdì 3 febbraio, essendo nato nel 1922. Con assoluta semplicità, il giorno dopo, sabato 4 alle ore 11, incontra gli amici  di sempre al “Due colonne” di piazza Podestà a Rovereto, il più tipico locale “tirolese” nella città trentina che più ha sentito l’influenza veneziana. Questo incrocio di storie e di culture gli è proprio connaturato e lo ha contraddistinto per tutta la vita (non a caso vivendo a cavallo tra Rovereto ed Egna-Neumarkt). Ci vorrebbe un libro intero per raccontarla, la sua vita. Ma intanto è bello poterlo oggi salutare da vivo, anche a nome dei tanti che l’hanno stimato, conosciuto e amato negli ambienti più diversi. E non doverlo ricordare post mortem, come troppo spesso accade con queste grandi personalità che hanno segnato la storia trentina e sudtirolese. Ma egli è arrivato anche molto al di là dei nostri confini regionali, fino a L’Aquila (processo per la strage del Vajont: “il genocidio dei poveri”, come lui l’ha definito), fino a Palermo (per il primo maxi-processo di mafia), fino a Milano (per il processo agli attivisti sudtirolesi dopo la “notte dei fuochi”), fino a Padova (per gli innumerevoli processi nel tribunale militare) e in tante altre città e sedi giudiziarie italiane.

Dovunque ci fosse da difendere un operaio o un sindacalista, uno studente o un obiettore di coscienza, un militante pacifista o la vittima di una strage (anche quella di Stava), dovunque ci fosse da affermare in un’aula di Tribunale o di Corte d’assise i diritti costituzionali, la libertà di opinione o di manifestazione, dovunque ci fosse da difendere i diritti civili e i diritti umani conculcati, lì Sandro Canestrini c’è sempre stato. Molte volte da solo, sfidando anche l’impopolarità (come fu per la difesa dei sudtirolesi negli anni’60), tante altre volte coinvolgendo nelle proprie battaglie giudiziarie, oltre ai trentini, roveretani e rivani, avvocati “convocati” (starei per dire, amichevolmente “precettati”) da tante altre città italiane, da Verona (De Luca e Todesco) a Bolzano (Lanzinger e Fedele), da Venezia (Battain e Scatturin) a Gorizia (Battello) e Trieste (Maniacco), da Milano (Spazzali e Piscopo) a Torino (Bianca Guidetti Serra), e via elencando (molti altri nomi sarebbero da ricordare).

È stato questo un lungo percorso ideale e militante, che ha attraversato tutta Italia e che ha segnato un’intera stagione di “processi politici” memorabili, di cui anche molti magistrati (con cui si confrontava e scontrava nelle aule in modo aperto e leale) sono stati testimoni. Co-fondatore dei “Giuristi democratici”, Sandro Canestrini infatti è sempre stato partecipe anche delle battaglie per la democrazia e l’impegno costituzionale che hanno caratterizzato i settori più aperti e sensibili della magistratura, fin dai tempi di Bianchi d’Espinosa a Milano e poi di decine e decine di magistrati che hanno pagato anche personalmente le scelte difficili fatte in epoche di conformismo e di repressione.

Laureatosi con Norberto Bobbio a Padova, dopo aver partecipato alla resistenza antifascista e antinazista e dopo aver fatto parte del Partito comunista (da cui si staccò all’inizio degli anni’60), stabilì un rapporto molto stretto col Movimento studentesco di Sociologia, insieme a Livia Battisti (la figlia di Cesare, con la quale condusse molte battaglie democratiche), col movimento operaio e sindacale, col Movimento nonviolento di Aldo Capitini (e poi di Mao Valpiana), diventandone anche presidente onorario, e sapendo confrontarsi anche col mondo cattolico “conciliare” (ricordo un suo dialogo pubblico, al Cinema Dolomiti di Trento, col vescovo Gottardi).

Ma negli anni’60 seppe andare controcorrente anche in Alto Adige/Südtirol, difendendo gli imputati nel processo di Milano e poi stabilendo uno stretto rapporto di collaborazione con l’allora giovanissimo Alexander Langer, in piena sintonia col suo impegno per il dialogo e la convivenza inter-etnica. L’antimilitarismo pacifista aveva portato Canestrini il 3 novembre 1969 a contestare la venuta a Trento del presidente Saragat, nell’anniversario della prima guerra mondiale, e poi, negli anni’70, a partecipare con i radicali di Marco Pannella alle marce antimilitariste che attraversavano il Nord-Est per giorni e si concludevano davanti al carcere militare di Peschiera. E mentre nel 1962, da consigliere provinciale-regionale del Pci si era opposto alla fondazione dell’università tramite l’Itc, temendo il rischio di una ristrettezza politica e culturale, ha saputo poi ricredersi, diventando uno degli interlocutori privilegiati proprio del movimento di Sociologia. E quando con Alexander Langer fondammo “Nuova sinistra” in Trentino e “Neue Linke-Nuova sinistra” in Alto Adige/Südtirol, Sandro Canestrini accettò la nostra proposta di esserne capolista a Trento, diventandone il primo eletto a seguito di una vittoria clamorosa, che cominciò a cambiare il panorama politico del Trentino e del Sudtirolo.

Nel 1992 è stato nominato “Trentino dell’anno”, nel 1993 è stato insignito della “Ehrenkranz” da parte del Südtiroler Schützenbund, nel 2003 gli è stata attribuita la cittadinanza onoraria di Erto e Casso (Vajont), nel 2006 gli è stato assegnato il “Verdienstkreuz” dal Land del Tirolo. In quella occasione ha detto: “Durante tutta la mia esistenza mi sono battuto per la libertà, la fratellanza e la giustizia, talvolta in compagnia di altri, talvolta da solo”. Di Alexander Langer ha sempre conservato un ricordo vivo: “Da lui ho imparato a cercare sempre il meglio dell’una e dell’altra parte, che nella nostra regione significa prendere il meglio della cultura italiana e della cultura tedesca”. E ancora, rivolto agli avvocati più giovani ha ammonito: “È giusto lavorare, ma è soprattutto importante avere degli ideali”.

Ecco, Sandro Canestrini agli ideali ha mantenuto fede per tutta la vita, a volte a costo di qualche contraddizione, di incomprensioni o di impopolarità, ma è arrivato a questi straordinari 90 anni carico di onore e circondato di rispetto e di gratitudine. Il Trentino e l’Alto Adige/Südtirol gli sono grati di aver onorato fino ad oggi questa nostra terra con la sua testimonianza, col suo impegno, con la sua generosa dedizione a quelle “cause perse”, che lui ha saputo rendere vincenti non tanto per sè, ma per tutti coloro che in quegli ideali di libertà, fratellanza e giustizia continuano a credere.

 

  Marco Boato

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